Atlas Fallen infatti ci è sembrata da subito un’ottima idea di design, che ci ha lasciato ben sperare fin dal suo annuncio e che in parte non ha deluso le nostre aspettative, ma ci ha lasciato comunque un po’ di amaro in bocca dovuto quasi sicuramente ad un budget limitato, che purtroppo non permette di dedicare le risorse dovute ad ogni aspetto di una produzione del genere.
Seppure l’incipit narrativo non brilli di originalità, lo sviluppo dietro alla creazione di un mondo di gioco verosimile e caratterizzato da una lore coerente con il design è evidente, riuscendo a traghettare una storyline che alla base non ha contenuti particolarmente profondi, facendola scorrere bene e mantenendo alto il livello di interesse per tutte le circa 30 ore di gioco richieste.
La narrativa ci catapulta subito nel vivo dell’azione, ai comandi di un personaggio piuttosto anonimo che potremo plasmare a nostro piacimento attraverso l’editor di gioco, piuttosto vasto e soddisfacente pur non essendo sconfinato.
Il mondo di gioco ci introduce subito in un regno in rovina, spettro di una gloriosa civiltà ormai sommersa dalle sabbie del deserto dove la popolazione è obbligata a lavorare incessantemente per estrarre l’Essenza, il brodo primordiale alla base di tutto, che viene richiesto come tributo dalla Regina dei Mille Anni, un’incarnazione del malvagio dio Thelos che tiene sotto giogo l’intera popolazione del deserto.
Il corso del nostro destino cambia quando incontriamo Nyaal, uno spirito intrappolato all’interno di un guanto magico che ci donerà diversi poteri e che ci guiderà attraverso l’obiettivo di fermare il malvagio Thelos prima che distrugga il mondo.
Dal punto di vista dell’esplorazione, in Atlas Fallen avremo a disposizione una open map divisa a macro aree come abbiamo visto nel recente Final Fantasy XVI; una scelta che come per la produzione Square Enix ci sentiamo di appoggiare e sponsorizzare in maniera positiva, essendo un’ottima alternativa alle ormai consuete mappe di gioco enormi e vuote a cui siamo abituati.
Sul level design i ragazzi di Deck13 hanno fatto davvero un ottimo lavoro, offrendo al giocatore una mappa dalle dimensioni generose e nonostante il deserto sia per antonomasia un bioma piuttosto vuoto, Atlas Fallen ci offre una mappa ben caratterizzata, ricca di zone da esplorare e che regala al giocatore un grande senso di curiosità nell’esplorazione.
Diverse volte ci siamo trovati immersi nell’esplorazione senza meta della mappa di gioco, con l’obiettivo di raggiungere una torre o un ammasso di rocce che ci sembrava interessante da lontano, per arrivare ad imbatterci in una quest secondaria o in un semplice premio per aver dato ascolto alla nostra curiosità.
Atlas Fallen invoglia il giocatore ad esplorare il mondo di gioco e in questo il guanto Nyaal ci verrà incontro grazie ad una funzione di “surf” sulla sabbia, che ci aiuterà a muoverci rapidamente tra le dune del deserto. Lato combat system invece, Atlas Fallen colpisce nel segno e ci regala un sistema di combattimento ben bilanciato e molto interessante grazie al sistema di bonus e malus generato dall’Impeto, una barra che si accumula colpendo i nemici che andrà ad aumentare i danni inflitti a anche ad aumentare i danni subiti dagli attacchi nemici.
Come se non bastasse, l’aumento dell’Impeto andrà a cambiare la forma del nostro guanto permettendoci di trasformare le armi a nostra disposizione durante i combattimenti, cambiandone di conseguenza il moveset e l’efficacia nei diversi scenari di battaglia.
Graficamente la produzione di Deck13 denota un budget ovviamente non da tripla A e nonostante la bravura degli sviluppatori nel realizzare un colpo d’occhio convincente, quando si scende nel dettaglio si notano i difetti tecnici di Atlas Fallen. La conta poligonale non è all’altezza e il pop up degli elementi a schermo risulta un po’ troppo frequente.
La speranza è che almeno quest’ultima magagna venga risolta con una patch, mentre nel complesso la produzione si mantiene su un livello buono ma non eccelso.
Nonostante i dettagli non siano il punto forte di Atlas Fallen, il colpo d’occhio risulta comunque buono e soddisfacente, considerando anche il genere di ambientazione che ci mette del suo.
Lato tecnico c’è da segnalare anche un’ottima gestione degli effetti particellari, in particolare la sabbia che ovviamente la fa da padrone non solo per le ambientazioni, ma anche per i nemici il cui design usa praticamente sempre l’elemento della sabbia.
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