
Nel 1984, nel pieno della rivoluzione dei giochi su Laserdisc avviata da Dragon’s Lair, Universal propose la sua visione del cartone animato interattivo con Super Don Quixote.
In un periodo in cui le sale giochi erano terreno fertile per sperimentazioni visive e meccaniche innovative, questo titolo si distinse per una combinazione di estetica cartoon, gameplay immediato e una rilettura ironica del mito cavalleresco. Super Don Quixote è, a tutti gli effetti, un laser game tradizionale: il giocatore non controlla direttamente il protagonista, ma deve reagire tempestivamente agli input visivi su schermo, premendo la direzione corretta o attaccando nel momento opportuno.
Ogni errore è punito con una sequenza animata che segna la sconfitta del protagonista, spesso con esiti buffi e teatralmente esagerati.
La trama si ispira liberamente al romanzo di Cervantes, mantenendone solo l’idea di base: Don, un cavaliere idealista e fuori dal comune, intraprende un viaggio insieme al suo scudiero Sancho e al suo destriero, per salvare la principessa Isabella, rapita da una malvagia strega di nome Leona.
Durante il suo cammino attraversa foreste incantate, castelli infestati, e affronta una galleria di mostri caricaturali.
L’approccio è dichiaratamente leggero e parodistico, accentuando la goffaggine dell’eroe piuttosto che il suo eroismo.
Gli sfondi, pur semplici, sono funzionali e mantengono l’attenzione sul protagonista e sui pericoli immediati.
Le sequenze animate sono fluide per l’epoca e fanno largo uso di “zoom” e inquadrature dinamiche, un dettaglio tecnico che, pur senza eliminare del tutto i limiti del supporto Laserdisc, contribuisce a rendere il gioco più cinematografico rispetto ai suoi concorrenti.
Il comparto sonoro accompagna perfettamente l’azione, con una colonna sonora che fonde motivi medievali leggeri a effetti sonori volutamente esagerati.
Le musiche cambiano dinamicamente tra le sequenze, supportando il ritmo narrativo e sottolineando i momenti di tensione o comicità.
Un aspetto interessante è che, pur senza innovare radicalmente il genere, Super Don Quixote tentò alcune soluzioni tecniche avanzate per l’epoca.
L’uso di transizioni più fluide tra le sequenze animava l’azione con una continuità che mancava a molti altri titoli simili.
Tuttavia, nonostante questi sforzi, il gioco non riuscì a raggiungere la popolarità dei più celebrati laser game del tempo, complice anche un mercato saturo e i costi elevati di manutenzione delle macchine arcade su Laserdisc.
Super Don Quixote è oggi un oggetto di culto tra gli appassionati di retrogaming, difficile da reperire, ma ricordato con affetto da chi ebbe modo di provarlo. I pochi cabinati superstiti sono ambitissimi dai collezionisti, e rappresentano una testimonianza preziosa di un periodo storico in cui l’industria videoludica cercava con coraggio nuove forme di narrazione interattiva.
In conclusione, Super Don Quixote è un’opera affascinante più per il suo spirito sperimentale e per la sua estetica che per la profondità del gameplay. Nonostante alcuni limiti tecnici e la sua natura ripetitiva, resta un esempio emblematico della fantasia e dell’ambizione che animavano i primi anni della scena arcade.
Una piccola follia videoludica che merita di essere riscoperta, almeno per comprendere da dove siamo partiti prima di arrivare alla complessità dei giochi moderni.